Riflessioni di una paziente durante la sua malattia

 

“Ma tu sei forte, . . .”

 

Quando una persona riceva la mazzata di sapere che ha un tumore si accorge che tutti coloro che le vogliono bene cercano, con le migliori intenzioni, di tirarle su il morale e per fare questo quasi tutti riescono a dire le frasi più sbagliate.

 

Smettetela di dirci che dobbiamo distrarci, che non dobbiamo pensare alla nostra malattia:

Prima di tutto perché è impossibile non pensarci, quindi è un consiglio inutile, secondo perché è molto meglio parlarne, chiaramente, solo così si svuota di quella paura pesante che incombe sulle nostre teste.

 

Smettetela di dirci che siccome abbiamo carattere, che siamo forti, che siano tosti, tutto si risolverà per il meglio: non è vero!

Tutto, e questo ce lo auguriamo vivamente, si risolverà per il meglio se siamo in buone mani e se il nostro fisico che, accidenti a lui, ha deciso di fare il matto, deciderà di rinsavire e di rispondere alle cure.

 

Noi pazienti oncologici già ci sentiamo gravati da una malattia seria, non gravateci anche della responsabilità della riuscita delle cure: non è vero che se non siamo forti tutto va male (e quindi la colpa è nostra), non caricateci anche di questa responsabilità.

 

Lo so che per chi è al fianco di un malato, indipendentemente dalla malattia, è molto meglio che questi sia sereno, che magari scherzi anche sulla sua malattia, ma questa è un’esigenza del parente e dell’amico non del malato.

 

Se volete aiutarci ascoltateci nei momenti di debolezza, magari piangendo con  noi e poi esortateci sì a essere forti, ma per meglio affrontare la malattia, le cure, per meglio apprezzare le piccole gioie del quotidiano, perché se riusciamo a essere forti quelle gioie le assaporiamo e, giorno  dopo giorno, ci risulterà più facile affrontare la malattia; esortateci ad avere piena fiducia nei medici che ci seguono perché saranno loro con la Provvidenza che, si spera, riusciranno a portarci fuori dal tunnel della malattia, queste sono gli stimoli di cui abbiamo bisogno.

 

Però a conclusione di questo sproloquio mi permetto di dare un consiglio ai miei colleghi ammalati:

la prima mossa tocca a noi. Se noi, quando incontriamo persone che ci vogliono aiutare, diamo l’avvio all’incontro con un frase positiva i nostri amici saranno ben felici di seguirci in questa direzione, si sentiranno sollevati dal “grave” compito di trovare la frase giusta e noi, ed è quello che ci interessa, passeremo un momento veramente rasserenante e (beffa) loro saranno anche convinti che sia merito loro, ma noi siamo forti, ce lo dicono sempre e forse hanno ragione.

A.B.

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