Non sempre, non solo malsanità

 

Sono approdata al reparto oncologico del Fatebenefratelli sospinta da eventi esterni, indipendenti dalla mia volontà.

Non ho scelto, ovviamente, la malattia ma neppure ho scelto la struttura nella quale curarmi. Altri mi hanno indirizzato.

Non conoscevo il Fatebenefratelli. A dire il vero non conoscevo alcun ospedale.

Sono arrivata spaventata, preoccupata angosciata.

Mi faceva paura il nome del reparto: Oncologia. Mi faceva paura il nome della cura: Chemioterapia. Mi avrebbero fatto male? Avrei sofferto di angoscia e solitudine? Avrei vomitato?

Mi immaginavo un ambiente cupo. Mi immaginavo personale affaccendato e serio. Mi aspettavo di essere trattata come un numero.

Invece ho trovato un ambiente luminoso e sereno, con personale cordiale, sorridente e sollecito a rispondere ad ogni esigenza.

Ci sono i fiori sui davanzali e ci sono i tavolini azzurri. Ci sono i giornali freschi di stampa, ogni mattina, a disposizione dei pazienti. C’è uno scaffale con tanti libri, per aiutarti a passare le lunghe ore. C’è il bagno per ogni cameretta. C’è il salottino con la lampada e la grande televisione, con le poltrone come quelle di casa, dove NON mi siedo, sennò sprofondo e non riesco ad alzarmi. C’è un clima amico.

La risposta delle strutture sanitarie alla richiesta competenza, di cure moderne ed efficaci, di macchinari innovativi è data per scontata.

Ma questo garbo è qualcosa di più: intercetta bisogni inespressi ma ugualmente importanti.

Riduce le asprezze di questo mostro nero, ne smussa i contorni.

Prima ancora che per le cure che mi verranno prestate vi ringrazio, tutti, per questa serenità che mi date.

 

Con gratitudine

R.M.

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